getta l’arte per strada ... di tommaso jardella

Adesso basta!

"Adesso basta" gridò furente scattando in piedi "mi sembra di stare in fila davanti a un cesso intasato", e uscì dall'ufficio sbattendo la porta.
Vittorio Salvatore, brusco trentenne lucano, da quattro mesi girava per enti, fondazioni e gallerie, cercando di proporre un suo progetto.
Scenografo di formazione accademica, subito dopo gli studi, aveva dirottato i propri interessi sulla video arte e la video scultura.
Giunto a Pisa a metà degli anni novanta, aveva creato un locale di culto e nell'arco di pochi mesi si era imposto come uno dei più brillanti animatori della scena culturale pisana.
Il progetto che adesso non riusciva a far decollare era una semplice collettiva resa però interessante dalla qualità degli artisti selezionati. Uscì dall'edificio dove aveva sede la fondazione culturale dalla quale aveva sperato di avere appoggio e ignorò il bus, camminare lo avrebbe aiutato a smaltire delusione e rabbia.
Doveva farsene una ragione, quella mostra non interessava a nessuno.
A metà del cavalcavia che attraversa la ferrovia si affacciò al parapetto e lasciò che lo sguardo si perdesse nella confusa prospettiva dei binari che si moltiplicano in prossimità della stazione.
Fu a quel punto che rivide il muro e l'idea che gli avrebbe cambiato la vita.
Non aveva mai attraversato il cavalcavia a piedi e non vedeva il Wild Style, il graffito in stile 3D, da quella lontana notte. Sembrava passato un secolo. Si era trasferito da poco in città, aveva seguito un tipo che si diceva fosse un writer e l'aveva fotografato mentre crossava, in altre parole copriva il pezzo di un altro Writer con il proprio. Gli aveva fatto alcuni scatti e quando il bagliore delle torce li aveva sorpresi, erano fuggiti assieme nella notte.
Il giovane era un discreto pittore ma la sua dialettica era di gran lunga superiore alla sua maestria con le bombolette spray. La grave colpa dei musei e delle gallerie era, a suo parere, quella di sottrarre le opere d'arte dalla loro funzione principale, quella di essere viste.
Per questo faceva graffiti: l'arte doveva stare per strada, alla portata di tutti. Arte per strada, per tutti. In quel momento si ricordò che mentre il writer parlava, lui, fissando intensamente la sua maglietta macchiata di vernice, si convinceva ogni istante di più, che quei disegni stavano raccontando la sua poetica molto più del Wild Style che aveva appena fatto.
Di colpo, ad anni di distanza, aveva capito. Non avrebbe più avuto bisogno di gallerie. Non avrebbe più dovuto supplicare burocrati noiosi o convincere scostrosi intellettuali.
Avrebbe strappato l'arte dalle pareti delle gallerie e l'avrebbe gettata per strada. Ma non sui muri. L'avrebbe messa addosso alla gente, su i loro abiti.
Vittorio iniziò con lo stampare sulle T-shirt le sue grafiche e quelle degli artisti che seguiva. Quando si accorse che per alcune grafiche quel supporto non era sufficiente, prese a disegnare, tagliare e cucire da solo le T-shirt sulle quali stampare.
E così le T-shirt divennero in breve felpe, giacche, pantaloni e abiti.
Oggi Vittorio disegna, stampa, taglia e cuce le sue linee.
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